Acerenza diffusa in Italia e nel Mondo

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Giuseppe Chiummiento
Grande “giornalista di Acerenza, coppola Lucana”

 



    • Giuseppe Chiummiento: un grande giornalista politico italiano di Acerenza

Di Giuseppe Chiummiento, illustre Acheruntino vissuto nella prima metà del ‘900, ha già trattato il sito di Donato Pepe http://www.telemacoedizioni.it/2007/01/giuseppe-chiummientoillustre-giornalista-acheruntino/, dal quale intendo ripartire non solo per aggiungere qualche notizia, ma soprattutto per cercare, in piena sintonia con quanto già auspicato dallo stesso  Pepe, di rilanciare questa grande figura del giornalismo politico italiano di opposizione al regime fascista, che tanto ha pagato, e duramente, per la difesa dei principi di libertà e democrazia.

Sono doverosi e sinceri i ringraziamenti a Grazia Pietragalla e Sergio Monetta.

Grazia Pietragalla ha discusso nel 2002 la tesi di laurea “Biografia di un giornalista lucano” su Giuseppe Chiummiento, dando vita ad un elaborato con contenuti di originalità, come riconosciuto dalla stessa commissione di laurea dell’Università di Bari.


Grazia Pietragalla
Video su Giuseppe Chiummiento a BuongiornoRegione - 2014

Sergio Monetta, consorte di Grazia, che tanto si è adoperato (… e si adopera) perché venga rilanciata la valorizzazione di questo nostro illustre concittadino e che molto ci ha aiutato nella raccolta di informazioni e documentazione.


    • Canio Giuseppe Vincenzo Maria Chiummiento nasce ad Acerenza ….

Dall’atto di nascita di Giuseppe Chiummiento così si legge:

“ L’anno 1888, addì quattro, di luglio a ore antimeridiane nove e minuti trentacinque, nella Casa Comunale.

Avanti di me Giacinto Salicone assessore effettivo facente le veci del Sindaco e dei precedenti assessori effettivi impediti Ufficiale dello Stato Civile del Comune di Acerenza è comparsa Caterina Scattone fu Canio di anni cinquantatre, donna di casa, domiciliata in Acerenza, la quale mi ha dichiarato che alle ore pomeridiane sei e minuti dieci del dì due del corrente mese, nella casa posta in Via Vico 3° Sedile al numero undici, dalla Signora Rosina Calitri di Canio di anni diciassette, civile, moglie del Signor Vincenzo Chiummiento di Giuseppe, maestro normale elementare, ambedue domiciliati e residenti in Acerenza, è nato un bimbo di sesso mascolino, che ella mi presenta e a cui dà i nomi di Canio Giuseppe Vincenzo Maria.

A quanto sopra e a quest’atto sono stati presenti quali testimoni Michele Pascale di Carlo, di anni trentatre, possidente, e Vincenzo Bochicchio di Antonio, di anni trentatre, possidente, entrambi residenti in questo Comune.

La dichiarante ha denunciata la nascita suddetta per aver assistito al parto della Signora Rosa Calitri di Canio, ed in luogo del marito di questa, il quale è stato impedito a farla, trovandosi gravemnente infermo.

Letto il presente atto agli intervenuti, viene manosottoscritto dai soli testimoni, avendo la dichiarante detto essere illetterata.

Michele Pascale, Testimone
Vincenzo Bochicchio, Testimone
Giacinto Salicone, Assessore “




  • Una vita in battaglia. Brevi note biografiche da "Giuseppe Chiummiento esule in Argentina tra antifascismo e sostegno all’Italia combattente"  di Pantaleone Sergi  - Bollettino Storico della Basilicata, 28, 2012, pp. 15-40


" Vediamo, in premessa, chi è Giuseppe Canio Chiummento – questo il suo nome all’anagrafe – e cosa ha significato la sua attività nel giornalismo lucano e italiano del Novecento. 

Nato ad Acerenza, in provincia di Potenza, il 2 luglio 1888, resta orfano all’età di due anni, quando, ancora giovanissimi muoiono il padre Vincenzo, maestro elementare, e subito dopo la madre Rosa Calitri. 

Della sua educazione si occupano i nonni paterni

Mostra un ingegno vivo. Studia all’Istituto Duni di Matera, poi a Potenza, che lascia per Napoli dove ottiene la licenza liceale e, quindi, può frequentare i corsi di Giurisprudenza all’Università partenopea, senza però raggiungere la laurea. 

Dopo tentazioni letterarie – scrive racconti e poesie, e invia con dedica «a Giosuè Carducci col rispetto di discepolo» una «piccola trilogia in 300 versi» pubblicata nel 1906 con lo pseudonimo di Hercules Liber (G. C.)24 – a venti anni è preso dalla passione per il giornalismo. 

Debutta al «Pungolo» con bozzetti letterari. Poi collabora a «Il Mattino» e forse anche alla «Perseveranza ». Marino Turchi ed Eduardo Scarfoglio sono i suoi primi maestri.

Da Napoli, forse dopo una parentesi sudamericana di cui parla Luigi Mazzacca che gli fu a fianco negli anni napoletani, ma della quale non abbiamo trovato riscontri, si trasferisce a Milano come redattore al quotidiano «La Lombardia», e qui si occupa prevalentemente di problemi di attualità, facendosi apprezzare anche per alcune note culturali. 

Sostiene l’impresa libica, esalta la guerra africana: «I destini della Nazione – scrive nel 1911 sul quotidiano milanese – si compiono al di là delle Sirti, dove le nostre truppe combattono contro il fanatismo musulmano e la ferocia araba». Già all’epoca scalpita per avere un giornale tutto suo, scrive a Nitti che frena il suo entusiasmo: non ci sono le condizioni. 

Nel 1913, tuttavia, a Potenza dà vita al settimanale «Il Mezzogiorno», un domenicale politico e di informazione. Di intonazione salveminiana, nella sua breve vita «Il Mezzogiorno» denunzia «i caratteri parassitari dell’intellettuale meridionale» e, pur caratterizzandosi maggiormente come giornale di informazione, non rinuncia a dire la sua in politica sostenendo Pasquale Grippo, Emanuele Granturco, Decio Severini e Francesco Cerabona.

Chiummiento prosegue a Napoli la propria attività professionale.

Ortodossamente liberal-democratico, amico di Nitti e fedele al radicalismo nittiano che sapeva di socialismo cristiano, monarchico, massone e patriota, allo scoppio della Grande Guerra non esita ad arruolarsi volontario. 

Promosso sul campo tenente di fanteria, è ferito in battaglia in maniera invalidante, guadagnandosi anche una croce al merito di guerra. Sveste la divisa e riprende il suo posto di combattimento giornalistico. 

Sono gli anni più intensi, professionalmente e politicamente. 

Nel 1919 è redattore capo del «Giornale della Sera», redattore da Napoli del «Paese» diretto da Francesco Ciccotti Scozzese, socialista, ma dichiaratamente nittiano, e direttore del quotidiano «La Basilicata». La nascita di questo quotidiano rappresenta la novità più consistente nel panorama editoriale e politico lucano. 

Anche in politica Chiummiento è molto attivo: eletto consigliere provinciale a Potenza nel 1920, nel 1924 è a capo dei combattenti di «Italia Libera», costituisce anche il Partito Lucano d’Azione, antifascista, costretto «a chiudere i battenti prima dell’irreparabile». 

Ma è il giornale la sua palestra democratica e quella di un nuovo meridionalismo che si ispirava all’opera di Nitti e aveva venature autonomistiche. 

Sulle pagine della «Basilicata», infatti, l’azione democratica di Chiummiento si esalta. 

Attacca il fascismo che ha il merito di «offrire la sintesi delle storiche malattie italiane: retorica, cortigianeria, demagogismo, trasformismo», dopo il delitto Matteotti e gli imbrogli elettorali contesta il cosiddetto «decreto castrapensieri», partecipa al «Comitato per la libertà di stampa» promosso da «Il Mondo» di Amendola e Cianca, assieme a «La Voce Repubblicana», «Il Popolo di Roma», «Avanti!», «La Giustizia», «Corriere della Sera», «La Stampa», «Il Lavoro» e «Il Roma», e da notizia della decisa presa di posizione contro il bavaglio che Mussolini stava mettendo alla stampa non allineata.

La vita di Chiummiento in Italia, così, giorno dopo giorno diventa sempre più difficile. I pericoli sono molti e in agguato. I sequestri del giornale continui, come le querele. Subisce bastonature, la redazione più volte viene devastata, per poco non gli bruciano la casa in via San Cristoforo all’Olivella. Insomma, rischia ogni giorno la vita. Il quartarellismo del quotidiano lucano non dà respiro e non piace alle camicie nere perché, nel suo piccolo, contribuisce a mettere in crisi il regime traballante dopo il delitto Matteotti. 

Non piace, in verità, neppure all’avvocato Nicola Spremolla, amministratore delegato del giornale più sensibile alle pressioni e pronto ad allinearsi al fascismo per motivi di ragione politica. La sensazione di disagio per Chiummiento, devoto alla democrazia, è crescente. 

A novembre 1925 lascia la direzione del suo giornale. Se ne va deluso e perdente. Viene anche cacciato dall’Albo e cancellato dalla Previdenza dei giornalisti Subito dopo il quotidiano viene fascistizzato ed entra a far parte della grande orchestra mediatica di Mussolini. 

Per due anni vive una realtà gravida di incertezze. Si rende conto che il suo tempo in Italia si è ormai esaurito. La scelta amara dell’esilio che in quegli anni molti democratici sono costretti a fare, nel caso di Chiummiento, che non è disponibile neppure ad annacquare la propria posizione etica e politica, è quasi obbligata per questioni di sopravvivenza. Bartolo Gianturco e Nicola Sansanelli, influenti gerarchi fascisti suoi corregionali con i quali mantiene amichevoli contatti, lo salvano da pugnali e manganelli, procurandogli un passaporto per andarsene in Argentina. 

Niente di ambiguo, tutto alla luce del sole. Sansanelli è il direttore, almeno formalmente, di «Basilicata nel Mondo», Giovanni Riviello che l’ha fondata nel 1924 dandole un taglio esclusivamente culturale ed è pronto per impegnarsi nella nuova rivista «Italiani pel mondo», è intimo di Chiummiento (prima della partenza è a cena con lui e pochi altri amici). 

In Argentina, il giornalista di Acerenza rappresenterà la rivista per gli emigrati. Altri giornalisti di idee democratiche vi collaborano camminando «sul filo del rasoio», garantiti dalla direzione meno che simbolica di Sansanelli. 

Con l’aiuto economico di qualche amico, Chiummiento s’imbarca sul piroscafo «Saturnia», per andare a cercare fortuna oltreoceano. Diventa esule per la causa della libertà.

.........................

Chiummiento, ............... , è costretto all’esilio in Argentina, dove arriva alla fine del 1927, per sfuggire alle violenze dello squadrismo fascista, per non perdere il privilegio della libertà, e perché, dopo le sue dimissioni da direttore del quotidiano «Basilicata» per il quale si era anche economicamente svenato, non aveva più di che vivere. 

È altrettanto certo che fu aiutato a partire da Bartolo Gianturco e Nicola Sansanelli, suoi vecchi conoscenti diventati uomini potenti del fascismo con i quali manteneva un rapporto umano, pur nel dramma politico del dopoguerra. 

Educato e cresciuto «in ambiente democratico», tornato dalla guerra «fisicamente minorato», una volta che il fascismo conquistò il potere, il giornalista era rimasto in patria «fin quando vi fu praticamente speranza e possibilità di lottare – la lotta più difficile fu quella contro gli adescamenti e le lusinghe – e preferì l’esilio alla transazione con la propria coscienza, l’incertezza del domani, all’accomodamento che avrebbe potuto ripagarlo ad usura delle non trascurabili perdite materiali subite durante la lotta politica». 

In Argentina sono ben noti il suo antifascismo, da una parte, e la sua devozione alla monarchia e alla Patria, dall’altra. 

Raccontando dopo 13 anni dal suo arrivo in Argentina, e ormai stanco e disilluso, il proprio itinerario esistenziale, Chiummiento spiegò che in Argentina «trovò amici sinceri e falsi, brava e cattiva gente, uomini colti e comprensivi e teste vuote e dure, antifascisti sinceri ed in buona fede ed anti-italiani avvelenati contro il loro paese d’origine, comunque governato».  

«Dopo una via crucis incredibile», inizialmente defilato per evitare problemi alla moglie Giovanna Gilio (ndr di Acerenza) rimasta in Italia, collabora al quotidiano argentino «La Razón», scrive articoli pure per «L’Italia del Popolo», e lavora come correttore di bozze alla «Patria degli Italiani», dove è assunto agli inizi del 1929 come segretario di redazione. "



«Senza abiure e senza apostasie»

 " " Ma un giorno non mancherà chi lo chiamerà traditore e venduto… Ed egli sorriderà, come sempre, col sorriso dell’uomo che sa ridere di tutto e perfino di se  stesso». 

Doveva avere un sorriso stanco, Giuseppe Chiummiento, giornalista lucano esule in Argentina, quando, scrivendo di sé in terza persona, metteva in conto che la sua scelta di schierarsi «senza abiure e senza apostasie» con l’Italia combattente un giorno avrebbe potuto essere male interpretata, dando magari un nuovo appiglio per una sorta di tormentone storiografico tutto lucano che ogni tanto riaffiora mettendo in dubbio il suo antifascismo. 

Era il giugno 1940, l’Italia fascista era appena entrata in guerra accanto all’alleato tedesco fiducioso di vincere in tempi brevi. 

In un articolo che può essere considerato una sintesi della sua vita politica e del suo pensiero, Chiummiento, minato nel fisico per i postumi di una ferita nella Grande Guerra, ma piagato ancora di più dalle vicissitudini economiche e dal disagio personale dovuto al sostanziale isolamento in cui era costretto a muoversi tra gli stessi esuli democratici in Argentina, spiegava le motivazioni che lo avevano spinto a fare tale scelta. ............. "



Il 16 ottobre del 1941, dopo quattordici  anni di esilio in Argentina, Giuseppe Chiummiento morì improvvisamente a Buenos Aires all’età di 53 anni, dopo avere molto  sofferto la lontananza dalla sua amata terra natìa, facendo ritorno solo nel 1947, dove tuttora riposa nel cimitero di Acerenza.







    • Una delle lettere al Duce di Giuseppe Chiummiento

Nonostante i continui sequestri del giornale "La Basilicata" ordinati dal Duce in persona, Chiummiento aveva trovato il modo per continuare il suo colloquio con Mussolini (Magnifico Duce), spedendo per espresso la prima copia di stampa del suo quotidiano al Cavaliere Benito Mussolini, Via della Rasella - Roma, dove nella prima pagina si potevano leggere le "lettere aperte a Benito" (luglio 1924 - dicembre 1925).


Di seguito una delle lettere che Chiummiento invia al Duce:

“Magnifico Duce, ho meditato per tutte le ventiquattro ore di riposo festivo prima di mettermi a scrivere questa lettera aperta, ho meditato, sembra incredibile perfino durante il breve spazio di tempo che concedo al riposo.

Non vi nego che a volte ho riso della inutilità di questi scritti come della inutilità del resto di tutti gli scritti che appaiono quotidianamente sui giornali che hanno suscitato la vostra ira e quella del vostro ministro Federzoni.

Se potessi scrivervi apertamente quello che ho pensato nelle 24ore del mio riposo, roba da provocare 100 diffide e altrettanti processi, ma roba sfilata, modestia a parte, e tanto logica da non poter sfuggire di sicuro alle tremende sanzioni del vostro geniale ed intrepido editto.

Non avvertite voi Duce magnifico questa vostra impotenza del vostro stato, di tutte le funzioni legittime e abusive di stato di fronte all’insequestrabilità del pensiero.

Se sapeste che beffe ho preso di voi e del vostro editto nelle 24 ore di meditazione, non vi nascondo che qualche volta vinto dalla stanchezza, mi sono quasi assopito e pur senza sognare vi ho visto attraverso un cannocchiale capovolto, ridotto in minuscole proporzioni di fronte all’immensità del pensiero libero che vi beffeggia, che vi irride, che sghignazza sul volto duro, mettendovi nella ridicola impossibilità di reagire.

E’ vero Duce che soffrite d’insonnia, vero o no, magnifico Duce? Oppure cambiate casa, è necessario cambiar casa e poi non vi è che un rimedio, fate in maniera che il cadavere di Matteotti si trovi ad ogni costo, fate in maniera che la vittima abbia sepoltura.

Gli spiriti degli assassinati vagano finquando i cadaveri non riposano in pace ed in tranquillità e non vi commuovete troppo, perché di fronte alla libertà che sta per morire, l’unico che si commuove è il piombo di questo giornale”


Di seguito documento sonoro molto originale degli anni '80 (Radio Rai) del secolo scorso: la lettera al Duce letta alla radio. 

Un ringraziamento  particolare ad Antonio Caruso (impiegato comunale in pensione), che a suo tempo  fornì la registrazione a Grazia Pietragalla.


Per ascoltare la registrazione premere sul triangolo a sinistra


Ma molto altro c'è da dire e raccontare sul nostro illustre concittadino Giuseppe Chiummiento.

Ad altri e qualificati studiosi il compito di farlo.





Dino Salese  (Pescara, dicembre 2015)

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