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La nevicata del 1974
 In ricordo di un amico




    • In ricordo di un amico ....  

L’avevamo immaginato tante volte un viaggio ad Acerenza, io e Luigi.

A lui, caro amico di liceo, parlavo spesso del mio paese, della mia gente, delle sue tradizioni, delle particolari atmosfere dell’antico borgo, che nella moderna città non trovavo. Durante le passeggiate lungo le geometriche arterie cittadine gli confidavo della nostalgia delle strade storte, dei vicoli stretti, dei palazzi vecchi e, soprattutto, di quell’inconfondibile profumo di paese che riconosceresti ad occhi chiusi.

Poi nelle interminabili discussioni pomeridiane, tra un problema di matematica, una versione di latino ed un acceso confronto sui temi dell’attualità politica di allora, gli raccontavo del mondo della mia infanzia per lui quasi fiabesco, da me descritto con il cuore, incalzato com’ero dalla sua intelligenza e da una non comune e stimolante curiosità.

E tutto questo faceva crescere nell’amico la voglia di visitare il mio paesino. E finalmente giunse il momento!

Quell’anno, nell’ambito del programma di Disegno e Storia dell’Arte, noi studenti dovevamo produrre un elaborato su un monumento a nostra scelta. Io esposi al docente ed ai miei colleghi del gruppo di lavoro la possibilità di studiare un duomo molto antico ed importante, anche se a loro sconosciuto: la Cattedrale di Acerenza. Che all’epoca non era citata nei testi di storia dell’arte, se non in alcune particolari pubblicazioni. Il mio professore, però, si era imbattuto in questo “grande vecchio” ed accettò l’insolita proposta.

E così io e Luigi, dopo un’essenziale programmazione, partimmo per l’avventura. Sì, perché fu una vera avventura il nostro viaggio ad Acerenza!

Armati di macchina fotografica, cinepresa con super8, carta millimetrata e fettuccia metrica, in due giorni dovevamo completare tutti i rilievi tecnici previsti e rientrare a scuola.

Partimmo in treno nella mattina di un giorno di pieno inverno. Cambio a Foggia ed arrivo nel pomeriggio ad Avigliano Scalo. Breve attesa e finalmente salimmo sulla littorina della calabro-lucana diretta ad Acerenza.

Era freddo, molto freddo. Avevamo incontrato la neve già lungo il viaggio ed il cielo era cupo e carico di neve. Man mano che il trenino procedeva verso San Nicola, Pietragalla e Cancellara, dai finestrini appannati si scorgeva un paesaggio uniforme d’un bianco accecante. 

Nevicava e il mio amico era allo tempo stesso preoccupato ed eccitato da quella insolita e, per lui, già avventurosa situazione.

Arrivammo alla stazione di Acerenza e lì scendemmo in pochi. Il Capo Stazione ci informò che, causa neve e ghiaccio, l’autobus non era sceso dal paese e, quindi, non c’erano mezzi pubblici per arrivarci. Brutta notizia davvero!!

Per fortuna che tra i pochissimi compagni di viaggio c’era Emanuele Lapenna che, con la sua consueta disponibilità, ci invitò a salire sulla sua auto.

Si saliva a fatica, ma finalmente giungemmo all’ingresso del paese e ci fermammo ai “Piani”. Nevicava a vento e tutto il centro abitato era completamente al buio, senza energia elettrica.

Dopo aver salutato Emanuele, proseguimmo a piedi nella semioscurità, con in mano i nostri bagagli. Avvolti da folate di vento e da una fitta neve, lentamente salimmo in paese senza quasi incontrare anima viva.

Il mio amico appariva frastornato: nel giro di poche ore era passato dalla rassicurante città al centro di una bufera, al buio, in un paese del profondo Sud a lui sconosciuto!

Passammo davanti alla mia scuola elementare che subito indicai all’amico e della quale tante volte avevo raccontato. Dopo una breve sosta dai miei nonni Canio e Lucia, ancora su verso la Porta di San Canio che, per la nevicata e l’oscurità, scorgemmo solo a pochi metri.

Infine l’ultimo strappo verso la chiesetta di San Vincenzo, con il vento che lì rinforzava, mentre la neve si infilava da ogni parte tappandoci gli occhi. Incoraggiai l’amico di “cordata” per un ultimo sforzo: subito dopo la curva, il Seminario e quindi casa mia!

Dalle abitazioni filtrava una fioca luce di candele accese, la stessa che a fatica vedemmo uscire dal balcone della casa paterna, insieme alla testa di mia sorella Pina che, in quell’ambiente ovattato, ci lanciò il suo saluto, finalmente sollevata nel vederci.

Ci scrollammo di dosso la neve ed invitai l’amico a riscaldarsi accostandosi alla grande stufa a legna della cucina, illuminati solo da alcune candele poggiate sui mobili.

Ed al lume di candela cenammo. E poi, spegnendole, io e Luigi tentammo di addormentarci. Ma lui era ancora eccitato per quello che stava vivendo, isolato dal mondo, al buio e con una bufera in corso. Proprio quello che tante volte gli avevo raccontato, parlandogli della mia infanzia!

Il giorno dopo ci risvegliò una limpida ma fredda giornata di sole ed accompagnati da mio nonno Canio eseguimmo il nostro lavoro in Cattedrale.

Ma in realtà non vedevamo l’ora di rientrare a scuola per raccontare a tutti quello che ci era capitato.

Grazie Luigi.


 
Cattedrale di Acerenza - Sezione
 


* La prima pubblicazione di questo articolo è avvenuta il 11 marzo 2012 sul Blog di Donato Pepe, oggi Telemaco Edizioni (link: http://www.telemacoedizioni.it/2012/03/la-nevicata-del-1974-in-ricordo-di-un-amico/ )


Dino Salese (Pescara, luglio 2015)

 
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