- Acerenza diffusa in Italia e nel Mondo

Vai ai contenuti

Menu principale:

RACCONTI
Racconti di vita vissuta
Per Acerenzadiffusa in Italia e nel Mondo



Nell'attesa del Natale (anni 1960 - 70)
 




    • Aspettando il Natale ....  

La fine di novembre annunciava l’inizio di un mese impegnativo per la comunità acheruntina, con eventi che avrebbero mobilitato tutti, i piccoli come i più anziani, ognuno con un preciso compito da svolgere.

Il primo appuntamento era scandito dai preparativi dei falò dell’Immacolata e di Santa Lucia , “U’m’nari’ ”. Apparivano in ogni slargo: da “I chiazzèil’ a mmi’nz’ u Fuss’t’, da grit’ u’Carc’r’ a mmi’nz’ la Vianùv’, a nnand’ la Chì’s’ “.

Alcuni giorni prima, però, noi piccoli avevamo il compito di girare in tutto il borgo, bussando ad ogni uscio e pronunciare la magica frase: “ U’pizz’ la liun’ “. Che spesso ci veniva dato, ma altre volte negato. Era una gara tra noi ragazzi a chi avrebbe fatto la raccolta più generosa.

Intanto le cataste di legna crescevano, ognuna con la sua forma. In genere, quella situata nei pressi della Cattedrale era enorme ed ai nostri piccoli occhi appariva come un’immensa vetta da scalare. Quando prendeva fuoco, poi, illuminava la Basilica di una luce misteriosa.

Subito dopo l’accensione dei falò, per noi bambini iniziava una frenetica corsa lungo tutte le stradine del paese per visionare tutti i fuochi e riportare le notizie di piazza in piazza, di strada in strada, su quanto accadeva altrove.

Si narra che molti anni fa, tra la “ Port’ d’ Sand’Cani’ “ e la “Cou’rv’ d’ i S’dèil’”, i falò erano così tanti, quasi uno per ogni casa, che alla loro accensione si levò un’enorme nuvola di fumo che, con l’aiuto dell’immancabile vento, invase tutte le abitazioni provocando un corri corri generale per chiudere porte e finestre.

In Cattedrale, intanto, iniziavano anche i lavori di allestimento del presepe monumentale, “U’Prèsèpj’ ”, altro appuntamento molto atteso.

Nel transetto di sinistra si montava il palco su cui poggiare le “enormi” statue dei personaggi del presepe, ognuna inserita nel suo contesto sapientemente pensato e realizzato dal Maestro Giuliano Pellegrino.

Per noi veder plasmare questo quadro nel silenzio e nella semioscurità della Cattedrale, in quelle fredde giornate d’inverno, era uno vero spettacolo ed ancora oggi ne è vivo il ricordo.

Con l’avvicinarsi della grande festa, poi, in ogni casa ci si preparava ai dolci ed ai fritti natalizi, “Scarpèdd’ e Cauzùngìdd’ “.

Farina, impasti, ripieni, pentole, camini accesi e squadre di donne di ogni età riunite per l’occasione. E noi bambini subito pronti ad assaggiare i primi fritti, tra gli strilli di mamme, nonne e zie che ci ordinavano di attendere che si raffreddassero e, comunque, …. di toglierci di torno, perché eravamo d’intralcio al loro frenetico lavoro !!

Alla fine della serata si preparavano gli assaggi per parenti, amici e compari e noi piccoli eravamo i “corrieri” addetti alle consegne.

E finalmente arrivava la vigilia di Natale!

In Cattedrale fervevano gli ultimi preparativi della solenne funzione di celebrazione della nascita de “U’Bamb’nidd’ ”, sempre officiata dall’Arcivescovo accompagnato da uno stuolo di monsignori, arcipreti, sacerdoti e chierichetti.

Ma già da alcuni giorni prima noi bambini eravamo in fermento nell’attesa di conoscere chi sarebbe stato prescelto per far parte del drappello delle speciali “Guardie del Vescovo”, “ I’Paggètt’ “. Sì, per diversi anni in ogni ricorrenza solenne, nelle processioni come nelle messe in Cattedrale, il nostro Arcivescovo veniva “scortato” da queste piccole guardie.

Il loro quartier generale era situato a casa di “Titin’ l’Andr’san’ “, dove si tenevano le riunioni ed al termine venivano consegnate le bellissime divise di raso azzurro, con mantellina, cappello e la mitica alabarda di legno color argento. In quell’occasione erano impartite anche le istruzioni per la notte di Natale.

All’ora stabilita, con freddo pungente o con ghiaccio e neve, avvolti solo da quella leggerissima divisa di raso, noi piccole guardie ci recavamo dalla Cattedrale all’Episcopio per prelevare l’alto prelato, “scortarlo” in chiesa ed assisterlo anche durante tutta la lunghissima celebrazione notturna, posizionati ai due lati della scalinata dell’altare maggiore davanti ad una platea sempre gremitissima. Accadeva, poi, che durante le interminabili omelie qualcuno si appisolasse per la stanchezza, per il freddo o semplicemente per la noia!

Una riflessione finale. Questi appena raccontati non sono solo intensi ricordi di quegli anni, ma pezzi di vita vissuta con persone che, nonostante le grandi difficoltà del vivere quotidiano, facevano della solidarietà, del rispetto reciproco e del valore delle tradizioni i pilastri di sopravvivenza dell’intera comunità.

Buon Natale a tutti noi !!



* La prima pubblicazione di questo articolo è avvenuta il 27 dicembre 2010 sul Blog di Donato Pepe, oggi Telemaco Edizioni (link: http://www.telemacoedizioni.it/2010/12/nellattesa-del-natale-anni-1960-70/ )


Dino Salese (Pescara, luglio 2015)

 
Torna ai contenuti | Torna al menu