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Vincenzo Schiavone Panni  e  Angelo Salese
Don Vincenzo e Angelino

           



    • Don Vincenzo e Angelino

C’è chi ad Acerenza ha memoria di Don Vincenzo giocatore di pallone, anche se in saltuarie presenze. Nel glorioso campo sportivo dei Piani – “Mminz’ i kiān’ ” (dove oggi c’è la scuola media) si vedeva correre questo giovane, elegante nel passo e nel tocco di palla, veloce nel dribbling, preciso nel colpo di testa, dalla tecnica raffinata.

Il mio ricordo, però, non arriva così lontano nel tempo. Parte dagli anni ’60, da quando ho potuto vedere, come testimone diretto, l’intenso rapporto umano e personale che c’era tra Don Vincenzo e mio padre, Angelo Salese, che da lui e dalla moglie Donna Anna Maria Lucifero (dei Lucifero della Real Casa) veniva familiarmente chiamato “Angelino”.

Due uomini molto diversi tra loro, Angelo e Vincenzo: per formazione, cultura, stile di vita, ceto sociale, per vita vissuta. Ma che avevano anche molte cose in comune: erano coetanei, sposati nello stesso anno, appassionati cacciatori e compagni di tante battute alla quaglia, alla lepre, a beccacce e beccaccini, entrambi molto legati alla loro Acerenza, desiderosi di fare per il proprio territorio e per la comunità. Si stimavano molto e credo condividessero anche qualche ideale.

Due persone prima di tutto, che non si sono fatte condizionare dalle loro differenze. Al contrario hanno costruito un rapporto forte e duraturo su quello che li accomunava, facendosi guidare in questo dalla loro intelligenza.

Don Vincenzo lo si vedeva arrivava in paese con la sua “Giulietta” Alfa Romeo. Dalla guida sportiva, veloce, in linea con la sua personalità di uomo impegnato su tanti fronti: Roma, Potenza, Metaponto, Acerenza e chissà in quante altre città. Sempre in giro, sempre in movimento, sempre indaffarato.


Alfa Romeo Giulietta


Veniva spesso a casa per incontrare mio Padre ed ogni volta era un piccolo evento vederlo apparire all’improvviso. Mia Madre un pò si agitava, preoccupata forse di non essere all’altezza delle abitudini e dell’etichetta del personaggio che, però, con i suoi modi sempre raffinati ma senza ridondanze non faceva mai sentire inadeguato il suo interlocutore, né a disagio il suo ospite.

E si intratteneva con Angelino in interminabili chiacchierate nella piccola sala da pranzo, mentre noi in cucina ad attendere l’illustre ospite per salutarlo, come era consuetudine fare in questi casi in tutte le nostre case in segno di rispetto.

Durante il periodo estivo Don Vincenzo con i suoi familiari puntualmente veniva ad Acerenza per trascorrere le “vacanze in campagna” (come erano solito dire) nella loro proprietà in località “Eŝka r’tònd’ ”, sempre assistiti dalla fidata Giuseppina.

Ogni domenica saliva in paese con tutta la famiglia per assistere alla messa in Cattedrale. In piazza si incontrava con Angelino, ma anche con altri compaesani. Gente che avvicinava Don Vincenzo e Donna Anna Maria anche solo per un saluto, mentre i loro figli passeggiavano in piazza osservati con visibile curiosità dai loro coetanei.

Don Vincenzo in piazza si intratteneva con tante persone, molti di loro contadini che cercavano dall’esperto concittadino notizie su iniziative agricole da avviare, su nuove colture o tecniche da impiantare, su qualche indennizzo o finanziamento da attivare o, più semplicemente, un consiglio che li rassicurasse. E Don Vincenzo a questo non si sottraeva, sempre disponibile, sempre rispettoso della sua gente. Credo che amasse molto anche le particolari atmosfere e le antiche ritualità di questo suo paese del profondo Sud.

Io conservo ancora un dono di Don Vincenzo: un piccolo strumento musicale, una melodica, che ricevetti in regalo credo all’età di 10-11 anni. Non avevo la minima idea di come si suonasse. Ma solo provando e riprovando, nelle lunghe giornate invernali, sono riuscito a strimpellare qualche accordo dell’ “Inno di Mameli” e, soprattutto, l’inizio di una canzone dal titolo “Un’ora sola ti vorrei” (in voga nel “Cantagiro” di quegli anni) che, con orgoglio, facevo ascoltare alla mia famiglia o ai miei nonni.

Melodica

Mentre mia sorella Pina mi racconta ancora quando da bambina, accompagnando nostro Padre a Roma, hanno fatto visita alla famiglia Schiavone, come altre volte era capitato anche a me. 

Nella bellissima casa dei Parioli, alla porta si era accolti da una domestica in divisa, che poi annunciava gli ospiti a Don Vincenzo e a Donna Anna Maria. In quella occasione, per il pranzo lei venne separata da mio Padre per stare in compagnia dei loro figli in una stanza diversa da quella dove pranzavano gli adulti, trovandosi così a vivere una forte emozione per quanto le accadeva, in un luogo così insolito e distante dalla ovattata quotidianità del nostro piccolo paese.



* La prima pubblicazione di questo articolo è avvenuta il 27 aprile 2012 sul Blog di Donato Pepe, oggi Telemaco Edizioni (link: http://www.telemacoedizioni.it/2012/04/don-vincenzo-e-angelino/ )


Dino Salese (Pescara, luglio 2015)

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