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Domenico Gilio
Le poesie


MAGIA DI ACERENZA

Poesia dedicata a Tonino.

Premiata al "Concorso di Poesia Padre Ilaro 2018", con la motivazione: L’ASSISTENZA SALVIFICA DELLE TRADIZIONI.

Impressioni esemplari suggerite dalle rimembranze dell’amato borgo natio.
Quando l’assurdo nichilistico del mondo contemporaneo più opprime, la salvezza, per il poeta, arriva dal vissuto antico della vita rurale: ”dal brusio lontano delle spighe” di grano mosse dal vento, che per il bambino di un tempo assumeva il sapore di una preghiera che s’innalzava ancora “incerta” alla “melodia di un antico presepe” che, assieme al ricordo di quelle “arcaiche voci” di persone che furono, conducono la mente in un’aura di “mistero”.
Ed è qui che si compie il miracolo, la grande “magia”: tutto si trasfigura infine in un gigantesco affresco di fede, dove anche la “rocca degli ulivi” di un anonimo paese ci riporta subito nell’orto delle ultime preghiere di Gesù.
L’inferno è già vinto ad Acerenza.


MAGIA DI ACERENZA

Il tuo canto fu breve
di note candide, Acerenza.
Ora è silenzio
sull’antica magia che non è spenta.
Sorrisero le stelle sopra i tetti,
ricinti e stretti, sulle rocce
rugose, sui tuoi anfratti; rifugi
a selvatici uccelli, impenetrati
dalla luce del giorno,
che il tenue sguardo della luna sfiora
appena. Dove s’infrange la bora
e la memoria del tempo si perde.

Va sul nulla il tuo spirito leggero,
brezza di petali odorosa, ignota
rosa nel turbine dei nembi.
Sussulta nei ritorni
di primavera il canto di un rondone
che sobbalzò ai miei piedi
e ridiedi alla vita
legato con un filo di cotone.

Fiori sbocciarono,
garofani e giaggioli dello stagno,
che raccolsi sui bordi della strada,
di greggi ingombra e di nitriti.

Dove rifulse il viso di fanciulla
che illuminò il mio essere
e ci scoprimmo creature, emerse
dal nulla tra le cose,
quasi assenti a noi stessi.

Cadono le piogge sui tetti
dei cotti di fornace,
puri lavacri.
E le sorgenti prendono rigoglio,
i fiumi tumultuano a valle.

E quando tace il vento, il mormorio
sale sulla tua rocca dagli olivi
e dai vigneti sparsi sui declivi.
Sale il brusio lontano delle spighe,
come incerta preghiera.

Arcaiche voci vanno nei misteri.
La melodia di un antico presepe,
l’onda di una novella primavera
invade i miei pensieri.



Dino Salese (Pescara, agosto 2020)

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