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Don Nicola Restaino
La professione medica, la sua missione



    • Don Nicola Restaino: “U’ m’d’ch’ V’nd’lun’”

La sigaretta sempre accesa, la battuta pronta, la naturale capacità di relazionarsi, il grande rispetto di cui godeva come uomo, il professionista instancabile e competente, il paziente come persona da curare e non come cliente.

La professione medica come missione di vita.

Questa era l’immagine pubblica del medico e dell’uomo Nicola Restaino.

Con la sua FIAT 1100, color carta da zucchero targata PZ 8728, percorreva quotidianamente le strade cittadine per le visite ai suoi pazienti.

Abitava ed aveva “bottega” nei pressi della curva de “I S’deil’ “ , di fronte alla casa di mio nonno Canio Giuseppe Caronna, dove spesso si recava per intrattenersi con il vecchio amico e farsi “na raggiunat’” (chiaccierata), come era solito dire, d’inverno davanti al camino o seduti sull’uscio al fresco d’estate.

Credo che tante sono le storie professionali e gli aneddoti che si potrebbero raccontare di Don Nicola (ed invito chi volesse a farlo...). 


Fiat 1100
Abitazione e ambulatorio di Don Nicola Restaino

    • Ricordi personali di Don Nicola

Da parte mia ne racconto due, perché protagonista e testimone diretto, non potendo ricordarne un terzo (che poi sarebbe il primo!) ……. perché ero troppo piccolo: Don Nicola mi ha fatto nascere assistito dalla mitica ostetrica Donna Bianca !


Il primo ricordo risale alla fine degli anni ’60.

Avevo circa dieci anni ed era il mese di maggio, subito dopo la festa di San Michele. Da diversi giorni ero a letto con forti dolori addominali che non mi davano tregua.

Don Nicola, nostro medico di famiglia, era ammalato e non poté visitarmi subito. Mia madre, però, gli riportava con regolarità le mie condizioni di salute e così fece anche con la diagnosi che aveva fatto il sostituto medico che mi aveva visitato.

E la diagnosi era stata: mal di pancia da “capricci” per non andare a scuola!

Ma in realtà i dolori erano veri, anzi perduravano e crescevano d’intesità.

Mia madre, esasperata nel vedermi lamentoso e dolorante, ritornò un’ultima volta da Don Nicola, riportando il peggioramento delle mie condizioni e la sua preoccupazione.

Anche a distanza, a Don Nicola, il mio quadro clinico non ridava … e nonostante fosse ancora febbricitante decise di venirmi a visitare.

Lo ricordo ancora oggi: arrivò, mi fece alcune domande e poi poggiò le sue mani esperte sul mio addome e subito emise la diagnosi.

Rivolgendosi a mio padre gli “ordinò” di portarmi subito in ospedale a Potenza, perché era in corso un’appendicite che andava rimossa con immediatezza.

Mi infilarono nell’auto di un amico di famiglia e partimmo alla volta di una clinica potentina dove venni operato in un battibaleno: appendicite acuta e perforata!!

Solo dopo un pò di tempo seppi che il chirurgo che mi aveva operato riferì ai miei genitori che se il mio ricovero fosse stato ritardato di qualche ora … altro (e forse fatale) sarebbe stato l’esito!

Un grazie a Don Nicola, un grazie al suo senso del dovere, un grazie alla sua professionalità.


Il secondo risale a molti anni dopo, credo al 1982.

Con un amico di università, Danilo, mi ero recato ad Acerenza per pernottare, dovendo il giorno dopo raggiungere Potenza ed effettuare una ricerca di dati in un ente pubblico del posto.

Ci svegliammo presto per sbrigare il tutto in mattinata e ripartire in giornata. Però il mio amico aveva la febbre alta!!

Mi preoccupai subito di farlo visitare da un medico e, per questo, consultai i miei nonni per farmi indicare rapidamente quello secondo loro subito disponibile.

Dopo una rapida disamina, mia nonna Lucia suggerì di provare a parlare con Don Nicola che, sebbene si fosse ritirato dalla professione medica, poteva essere disponibile per la mia necessità.

E così, io e mio nonno, salimmo da Don Nicola per esporgli il caso e la richiesta.

Sebbene uscisse poco, fu molto contento di poter essere di nuovo coinvolto nella sua amatissima professione. Mi pregò, però, di accompagnarlo, poiché da qualche tempo non guidava più.

Raggiungemmo casa mia e Don Nicola, con la sua immutata ritualità, visitò accuratamente l’amico ammalato. Lo rassicurò subito e diede la cura necessaria. Né volle essere ricompensato in alcun modo, assolutamente !

Lo riaccompagnai a casa. Lentamente percorremmo la lunga gradinata dell’androne del suo palazzo, mentre chiedeva di me e notizie della mia famiglia.

Quando raggiungemmo l’ingresso del suo appartamento ci attendeva Donna Maria, la moglie.

Fu allora che lo ringraziai nuovamente, salutandolo.

Mi ricambiò con un gesto per me inaspettato: prendendomi le mani, mi ringraziò per essermi "ricordato di lui" !

E volle salutarmi nuovamente perché, disse, quello poteva essere l’ultimo nostro incontro.

E poi, girandosi, si allontanò un pò commosso....

Anche dopo tanti anni, è per me ancora forte l’emozione di quell'intenso commiato.   

Don Nicola e la moglie Donna Maria


 La foto è fornita da Michele Di Pietro



Dino Salese (Pescara, aprile 2015)

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