Acerenza diffusa in Italia e nel Mondo

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Quartiere Italia, Via Castelli Romani





Domenico Gilio
" L'abilità nell'umiltà "


    



    • Domenico Gilio

L'amuleto di Domenico Gilio è la Cetonia aurata, uno scarabeo presente anche nel nostro territorio, compagno di giochi della sua infanzia.

La simbologia più aderente al vissuto del nostro Domenico è quella dei Taoisti, per i quali la Cetonia aurata è l'animale che meglio esprime "l'abilità nell'umiltà".


    • Domenico Gilio: note autobiografiche (1)

I MIEI PRIMI ANNI
Sono nato ad Acerenza il 18 settembre del 1940 in una casa, posta in alto,  come  sospesa nel vuoto, sulla ripida scala, all’angolo di Via Cesare Battisti 13.
Mio padre, tre mesi prima, era partito per la guerra nell’Egeo.
Per questo motivo ho trascorso l’infanzia con la famiglia dei nonni materni, Antonio Lucente e Maria Giuseppina Mecca, che abitavano lì vicino, in Via Silvio Pellico.
Mia madre Rosa era la prima di nove figli, di cui uno solo maschio, Vincenzo, anche lui  in guerra in Africa, dove si distinse come artigliere  nelle famose battaglie di El Alamein e  Tobruk.

L’influenza delle Zie è stata grande.
In particolare Zia Angelina, di quattro anni più di me, e Anna, quasi mia coetanea, sono state mie compagne e maestre. Sbirciando sui loro libri, ero affascinato dal mondo della scuola.
Grazie a loro, ho imparato a leggere molto precocemente.
Mi sono specchiato in questo mondo femminile, carico di affetti e di umanità; in mezzo a loro mi sentivo come in un alveare di api operose.

UN RICORDO INDELEBILE
Era il mese di settembre, avevo tre anni.
Una sera sentii un’agitazione improvvisa: "corriamo a rifugiarci nella grotta! ".  
C’era il coprifuoco per un possibile bombardamento delle forze alleate contro i soldati tedeschi.
Io stavo all’entrata della grotta scavata nella roccia, sotto Acerenza, con gli occhi spalancati, tra la curiosità e la paura.
D’un tratto una luce sinistra illuminò la vallata di innumerevoli fiammelle, come stelle cadenti su di noi.
Sembrava che qualcosa di grave stesse per accadere.
Nulla accadde.
Il bagliore si spense.
Il batticuore cessò.  
Quel fulgore spesso mi si riaccende a illuminare quella notte.

GENNAIO 1944
Mamma non mi lasciava mai solo.  
Mi ero addormentato come sempre.
Quellla notte il caso volle che io mi svegliassi. La luce era accesa. Cercavo mamma, ma non mi rispondeva.
Chiamo: "Mamma! Mamma! "
Mi alzo di istinto; corro alla porta, la apro. Volevo correre dai nonni, ma mi sentii smarrito nel vedere la strada sprofondata nel buio desolato e nel freddo.
Un banco di nebbia passava, appena schiarito dalla luce fioca del lampione.
Mi dissi: "Dove vado con questo freddo! ". Richiusi la porta e mi rincantucciai nel letto.
Osservando la luce accesa, ebbi uno scrupolo: perché si deve consumare la corrente ?
Spensi la luce e piano piano mi riaddormentai.
Non so l’ora in cui mamma rincasò. Fidandosi del mio sonno tranquillo, era  andata da Zio Giovanni,  ad aiutare a fare le salsicce; ma, nel vedere la luce spenta, si era molto spaventata.
Ci acquietammo e piano piano ci addormentammo.

IL NONNO
Nonno Antonio è stato il mago della mia infanzia.
Mi portava spesso con lui a qualche festicciola, specie se venivano i compari di Banzi.
Debbo a lui  la mia visione del mondo  permeata di magia e l’amore per le creature della terra.
Ci proibiva di avvicinarci ai nidi, specie se si trattava dei cardellini nelle vigne.
Questa sua attenzione per la natura mi ha plasmato profondamente e dà senso e valore al presente.

D’inverno stavamo al caldo del focolare.
Il Nonno andava al bosco e tornava con la mula carica della provvista della legna.
La vita era fervida e operosa.
La nonna faceva focacce di granoturco, polenta ed altri cibi gustosi.
A volte sentivamo soffiare la bora con sibili taglienti sui fili della luce.
Qualcuno esclamava: "Mò lu vìnd s’ pòrt la càs’! ".

Quando fui più grande, mi prendeva una forte compassione nel vedere le donne che venivano dal bosco col fascio di legna sul capo, per riscaldare la loro povera casa.
Questo sentimento è vivo in me, come un archetipo religioso che trasfigura e sublima queste figure e trova espressione  in DONNE PASSAVANO… in neri vestiti,/ con lunghi fasci di legna appuntiti/ sul cercine ritorto,/ […]

LOCALITA’ CIANO
D’estate vivevamo quasi sempre a Contrada Ciano.
Spesso vi pernottavo, essendoci una casetta sulla collina, con l’aia antistante.
Intorno si accumulavano le biche di grano, di biade e di altri prodotti, in attesa della pestatura.
Non mancava nulla: il pozzo con l’orto; il cane da guardia, il gatto, i conigli, le galline con l’immancabile chioccia coi pulcini.
Era uno spettacolo gioioso e commovente.

Ancora adesso, che sono anch’io nonno, quasi per incanto, mi rivedo seduto sul poggiolo di pietra accanto a lui, ad osservare il cielo stellato, tra il canto dei galli che rompeva il silenzio della notte.

Una sera s’inventò una storia per spiegarmi la Via Lattea: "La strascéin’ d’ Sand Pìtr".
Gesù attraversava la Galilea con gli Apostoli; Pietro era stanco, ma dovevano arrivare sulla collina.
Dei contadini avevano raccolto il grano e avevano riempito dei sacchi con la paglia.
Pietro ne prese uno sulle spalle, per usarlo come materasso.
Gesù lo vede: "Pietro, dove hai preso questo sacco?".  " Maestro, l’ho trovato sulla strada." Gesù gli ordina: "Riportalo dove l’hai preso". Pietro torna indietro; ma, per alleggerire il carico, scioglie il sacco e incomincia a spargere la paglia a manciate sulla strada. Al suo ritorno, Gesù chiede: "Hai portato il sacco dove l’avevi preso?".  "Sì, Maestro.  "Ah Pietro Pietro! Guarda su: la tua bugia è stampata in cielo”.


I genitori di Domenico - Rosa Lucente e Francesco Gilio
Mamma Rosa Lucente
Nonno Domenico Gilio

    • Domenico Gilio: note autobiografiche (2)

IL PRIMO INCONTRO CON MIO PADRE
Un giorno del mese di agosto del 1945, ci vennero a chiamare a Ciano, annunciandoci che Francesco, mio padre, era tornato.
A settembre avrei compiuto cinque anni.
Da due anni non avevamo notizie di lui, prigioniero dei Tedeschi a Rodi in Grecia.

Appena davanti a lui, gli chiesero: "Conosci questo bambino?"
Alla sua risposta, "No", gli dissero: "E’ Domenico, tuo figlio!. "
Io non ricordo quasi nulla di quel momento.
Mio padre tra le lacrime mi prese in braccio, stringendomi.
Era una persona forte, intelligente, istruita, onesta, dedito al lavoro, non si risparmiava.
La sua ambizione era recuparare i cinque anni perduti in guerra.
Col tempo costruimmo insieme: io, il legame di figlio; lui, la paternità.  
Andammo ad abitare fuori del Borgo presso la casa del nonno paterno Domenico, dove nacque Tonino (mio fratello).

Da Ciano la vita si spostò all’Alvanello, dove avevamo un vigneto accanto alla proprietà del nonno.
All’inizio del 1948  tornammo al centro storico, dove nacque Angelo (l'ultimo).
I contatti con nonno Domenico non s’interruppero e potei apprezzare in lui una figura ieratica, dignitosa, affettuosa, laboriosa, onesta.

LOCALITA’ ALVANELLO
All’uscita da scuola, spesso raggiungevo di corsa l’Alvanello.
Le campagne erano gremite di persone, di animali, di suoni, di voci.
Erano costanti i saluti tra familiari e coi vicini.

La littorina, col suo andare e venire alla stazione, scandiva il tempo e mi faceva avvertire un mondo sconosciuto, da esplorare, oltre quello che mi si offriva alla vista.
Similmente il Bradano, col suo scorrere, mi dava l’impressione di una realtà in divenire e durevole, senza fine.

Una sera mi impressionò la luna appesa ai rami del ciliegio; ebbi il timore che stesse  per cadere.  

LA SCUOLA ELEMENTARE
Ho frequentato la scuola elelementare dal 1946 al 1951.
Per i primi due anni la sede era la Curia nel centro storico.
Ho un buon ricordo della maestra Custodero in classe prima.
Della seconda ho un vuoto, per l’avvicendarsi di maestre supplenti.
In terza ci trasferimmo ai Sedili, in fondo alla discesa della Rampa Mazzini. Il maestro Giuseppe De Bonis, poi mio padrino di cresima, ci teneva molto per l’insegnamento, rinomato anche per la sua severità.
L’anno successivo tornammo alla Curia. Venne un maestro forestiero. Per spiegare le carte geografiche, a volte saliva sui banchi: sembrava un gigante. Nelle interrogazioni ci faceva gareggiare a due a due: chi vinceva rubava il posto all’altro, se, al momento, occupava il posto davanti. Per questo motivo, già a metà anno, i compagni “meno dotati” erano segregati in fondo all’aula.

In classe quinta ebbi il maestro Don Peppino Forenza, un Signor Maestro, affettuoso con tutta la classe.

Ho tanti ricordi belli della scuola, ma non riesco a cancellare dalla mente le bacchettate che prendevano alcuni compagni miei e le punizioni in ginocchio.

Amici più grandi di me chiedevano: continuerai gli studi?  
Io rispondevo:”Sì!”.
Alla domanda "Cosa vuoi fare da grande?" rispondevo "Il Professore!"
Convinzione maturata fin da piccolo, grazie alle mie due zie.
Non sapevo che la strada della scuola media per me era sbarrata; ad Acerenza a quel tempo c’era solo il Seminario.
Le possibilità economiche della mia famiglia non consentivano di aprire la strada degli studi a me, primo di tre figli.
Alcuni compagni sostennero l’esame di ammissione; io feci l’esame conclusivo della quinta elementare.
Così s’interruppero gli studi; la mia unica scuola fu la campagna, con esperienze importanti e sacrifici legati alla condizione contadina.

UNA SVOLTA
Forse avevo 10- 12 anni.
Un giorno si verificò un episodio, che sembra un sogno, ma è la verità.
Allora si usava chiamare il padre: Tàt’, Tàtt o Papà, secondo l’appartenenza al ceto sociale: inferiore, medio o aristocratico.
Avevamo in affitto un terreno di proprietà di Don Antonio Gala.  
Mio padre mi ordinò: "Vàië da Dòn Andònië e addummànn s’ pòzz purtà l’affétt".
Il cuore mi martellava nel petto per l’emozione. Mentre salivo la scala del palazzo, nel vedere quell’uomo imponente che  mi aspettava, teso, sul ballatoio, mi sentii una formichina. Mi si accese un lampo di luce, come se una voce mi parlasse: "Non ti preoccupare, tu sei diverso!!".
Lì per lì, davanti a Don Antonio, mi venne di dire: "Dòn Andònië, Papà vól’ sapè…" Lui mi interrompe: "Chi n’ì stu papà touië?" ..." I' Francésc?" …  "Dëc’m’ chè vól’ sapè. Vól’ sapè s’ pót’ purtà l’affétt" .... "Dëng’ ca mnèss".  E mi chiuse  la bocca !!
Tornando a casa, un po’ incerto, dissi a mio Padre: "Tàtt, m’àia crèd’: nnànd a Dòn Andònië t’àgg’ chiamàt’: Papà".
A sentire questa novità, mio Padre esclamò: "Madònn, fégl’ méië, cóm’ àië fàtt a déc’ sta cós’? "
E mi fece una carezza che mai avevo avuto in vita mia e aggiunse: "Da mò dnànd m’ avéita chiàmà: Papà".

I GIOCHI
Sono incancellabili i ricordi dei giochi all’aperto in gruppo.
Eravamo padroni di Acerenza, delle sue strade e delle piazze.
Si giocava a: Tózzamóur’, pàlm e dàt’, i quàtt candóun, papà G’lòrm, quànd gràva chiómm, salta m’ndóun, ecc..

E poi le sfide delle corse.
Facevamo il mezzo giro o il giro intero di Acerenza, partendo dal Fossato o dal largo delle Rocce o dalla Porta San Canio.
Il mezzo giro consisteva nel percorrere tutta la Strada Processionile del centro storico.
Il giro intero aggiungeva a questo percorso la discesa dalla Porta di San Canio fino ai Sedili e di lì la salita della Rampa Mazzini, per ricongiungerci dietro la Chiesa sulla Strada Processionile, proseguendo poi fino al punto di partenza, che era anche il traguardo.


    • Domenico Gilio: note autobiografiche (3)

TRA ADOLESCENZA E GIOVINEZZA

4 NOVEMBRE 1954
Volevo studiare; la vita contadina non mi appagava.
I miei genitori avevano stima reciproca e si volevano bene, ma un litigio, capitato a metà ottobre del 1954, fu provvidenziale.
Mamma decise di affrancarmi dal lavoro dei campi e mi disse: "Nei prossimi giorni ti faccio il corredo e andrai in collegio." Un diluvio disastroso si era abbattuto su Salerno e  Cava dei Tirreni.
Sembrava una congiura della Natura, ma il 4 novembre del 1954 fu una data felice.
Mi accompagnò mio padre con mio fratello Tonino.
Il treno si fermò a Salerno e dovemmo proseguire a piedi per circa 7 km fino al collegio francescano di Cava dei Tirreni, dove ritrovai amici che avevo perduto dopo le elementari: Vittorio Caruso, Angelo Ianniello e Tonino Agatiello.
Tra le rovine del territorio, intravidi per la prima volta il mare sfolgorante al sole.

LE DIVERSE RESIDENZE
Ho trascorso sei anni in collegio.
Il primo periodo fu felice; il Direttore Padre Lorenzo era molto umano: l’estate del 55 ci portò perfino a fare i bagni a Vietri. Poi ci fu il cambio; il nuovo Direttore, rigoroso dell’osservanza delle regole religiose, amico di Padre Pio di Pietrelcina, ci estraniò dalla vita del mondo esterno.

Finita la terza media, quell’estate ci trasferimmo a Muro Lucano, dove in un solo anno preparai i programmi sia del IV sia del V ginnasio. Superai gli esami del biennio con ottimi risultati.

D’estate fui gratificato da una breve permanenza  a Vietri di Potenza; ma già mi tormentava il pensiero del trasferimento a Rombiolo in Calabria per il noviziato, della durata di un anno, che comportava di nuovo l’interruzione del regolare corso degli studi.
Confidai a mio padre la volontà di uscire dal collegio. Egli mi sconsigliò fermamente: per motivi economici, non avrei potuto continuare a studiare. Rimasi in collegio e andai a Rombiolo, perdendo l’anno che avevo recuperato.

L’anno 1959-60 potei frequentare il primo Liceo Classico a Giffoni Vallepiana, sede dello studentato.
L’entusiasmo dei primi anni si era andato spegnendo nel tempo, trasformandosi in crisi di coscienza.
Ammiravo la funzione di Sacerdote, ma non sentivo la vocazione per dedicare la mia vita a questa missione.  Mi ritrovavo a un bivio doloroso: lasciare il Collegio voleva dire tornare al punto di partenza del 1954. Sentivo in me di aver buttato sei anni della mia vita,  tanto più che ero venuto a sapere che gli studi, senza l’esame di Stato, non avevano il valore legale.
Prevalse comunque la scelta di onestà, anche a rischio di ritornare alla vita contadina.

RITORNO A CASA
La mattina del 20 ottobre 1960 il Direttore e mio pofessore di filosofia, Padre Agatangelo, mi accompagnò fino al portone del Collegio. Mi disse ancora una volta: "Sei un bravo ragazzo; potresti essere un ottimo sacerdote: non uscire; torniamo indietro." Con la morte nell’anima lo salutai, abbracciandolo.

La mia famiglia abitava in Via Boreale 22.
Quando la sera mio padre tornò dalla campagna e vide che indossavo il suo vestito, il saluto fu: "Aiutami a scaricare la mula." Risposi: "L’ho fatto tante volte nel passato; non ho paura di farlo adesso."

UNA VIA INSPERATA
Ma a volte interviene il caso ad aprire la strada.
La mattina del 21 ottobre mi recai al Seminario di Acerenza  per chiedere informazioni e consigli su come organizzare gli studi per gli esami di stato di Licenza Ginnasiale.
Il Direttore Don Gaetano, nell’incoraggiarmi, mi chiese se ero disposto a svolgere per alcuni giorni la funzione di Prefetto come Istitutore degli studenti. Accettai senza indugi.
Con mia sorpresa, l’incarico mi fu confermato per tutto l’anno. Così fino a metà giugno del 1961 vissi in Seminario a duecento metri dalla mia casa. Era previsto un compenso mensile di 5.000 lire.
Poiché quell’anno mio fratello Angelo frequentava la II media presso il Seminario, i miei genitori versarono la differenza di 2.000 lire mensili, a copertura della retta.

LA LICENZA GINNASIALE
Nella sessione estiva dell’anno scolastico 1960-61 conseguii la Licenza Ginnasiale presso il Liceo Classico Cagnazzo di Altamura.
Ricordo ancora la battaglia che dovetti sostenere col Preside per fare accettare la mia iscrizione agli esami.
Da burocrate accigliato, si ostinava a ordinare di recarmi presso il Liceo Q.Orazio Flacco di Potenza.
Alla fine cedette, non senza un’allusione minacciosa che per me gli esami nel suo Istituto non sarebbero stati facili da superare.

PERIPEZIE DI UN ANNO
Con la licenza ginnasiale mi iscrissi al Liceo Classico Q.Orazio Flacco di Potenza per l’anno scolastico 1961-62.
Erano affidati a me mio fratello Tonino e altri tre ragazzi che frequentavano l’avviamento professionale o le scuole superiori.
Ero nel ventiduesimo anno.
A metà anno scolastico mi giunse la lettera con l’ordine di recarmi alle visite di idoneità al servizio militare, della durata di 18 mesi.
Il pensiero di dover interrompere, ancora una volta e per così lungo tempo gli studi, scombussolò la mia frequenza al Liceo. Incominciai a pensare seriamente quale poteva essere il mio futuro. Mi assentai dal Liceo per circa due settimane, nell’intento di prepararmi a un concorso come applicato al Comune di Acerenza. Il Preside inviò una lettera a mio padre, con richiesta di giustificazioni delle mie assenze. Mio padre attonito mi chiese spiegazioni di quanto accaduto. Alle mie risposte, rimase senza parola, dispiaciuto e preoccupato della mia situazione.

CARRIERA MILITARE
Puntualmente a metà di maggio arrivò la cartolina di precetto con data di partenza per Spoleto il 6 giugno 1962.
Eravamo ormai all’inizio di giugno. D'istinto mi recai al distretto militare; chiesi due giorni di proroga per completare le interrogazioni del II quadrimestre e concludere l’anno scolastico con la promozione al II Liceo. Così fu. Risolsi i miei dubbi, facendo domanda come volontario per la carriera militare da Radarista. Cosa fosse il radar io non  lo immaginavo nemmeno.

Dopo quattro mesi di addestramento a Chieti Scalo, mi trasferii alla Cecchignola di Roma alla caserma SEMACA, oggi STELA (Scuola Tecnici Elettronici Artiglieria).
Fu una scelta indovinata, perché mi consentì, dopo un anno di formazione, a differenza di tutti gli altri corsi, di conseguire il grado di sottufficiale con riconoscimento dello stipendio.
Dopo un ulteriore semestre di specializzazione, acquisita la qualifica di meccanico radar, ebbi l’incarico di Istruttore di Radartecnica applicata, per i corsi di allievi ufficiali di complemento.
A dire il vero, io quell’anno ambivo ad essere assegnato al primo corso di missilistica negli USA. Avevo tutto il diritto di andarci, essendomi classificato primo alla fine del percorso formativo. Ma le informazioni della Caserma dei Carabinieri di Acerenza non erano favorevoli, essendo mio padre comunista e in più nel periodo della guerra fredda USA-URSS.

NON TUTTO ACCADE PER NUOCERE
L’impedimento alla missione in USA si trasformò in una opportunità.

Mi iscrissi alla scuola serale gestita dall’Enal per conseguire il diploma di abilitazione magistrale.
Saltavo anche la cena in caserma, per poter prendere al volo l’autobus che mi portava alla metro B-Laurentina e raggiungere Piazza della Repubblica, allora Piazza Esedra, sede del corso.
Sacrificai le ore libere e le ferie estive per prepararmi all’esame.
Conseguii il Diploma di abilitazione presso l’Istituto Oriani di Roma. L’amico Attilio Cancellara mi inviò una lettera con la scritta a caratteri cubitali: ABILITATO.

Quando a casa comunicai la notizia, mio padre mi gelò, dicendo: " M’ngócc’,  tó véid’ lu baslàt’ cóm’ ì lóc’t: Sò li maìstr arabbìnd, ca vàin’ ammònd e bbàdd, ca lu fàc’n’ dvndà adaccssé: Non t’ sunnà d’ lassà la véita m’l’tàr’."

A settembre del 1965 mi iscrissi al Magistero al Corso di Laurea in Pedagogia.
Frequentando l’Università, miravo anche al superamento del concorso magistrale, indetto nel 1966.
Partecipai e lo vinsi come ottodecimista.


Domenico Gilio - Militare
Acerenza - Matrimonio di Domenico Gilio e Lina Di Martino
Acerenza - Matrimonio di Domenico Gilio e Lina Di Martino
Nonno Antonio che balla con la sposa Lina

    • Domenico Gilio: note autobiografiche (4)

CURRICULUM PROFESSIONALE

INSEGNANTE ELEMENTARE
Il primo ottobre del 1967 fui nominato Insegnante della scuola elementare a Genzano di Roma.
Assunsi il servizio in divisa da Sergente Maggiore, non senza destare la meraviglia del Direttore Didattico Vittorio Chiodo e una certa apprensione negli alunni.
Furono anni fervidi di impegni, partecipando a vari organismi per il rinnovamento della scuola intesa come comunità educante in relazione con la società civile: istituzione degli organi collegiali, introduzione del tempo pieno, ecc.


DIRETTORE DIDATTICO
Dall’ottobre del 1967 vivo ai Castelli Romani.
Mi sono laureato in Pedagogia con 110 e lode nel 1972.
Ho conseguito l’abilitazione all’insegnamento di pedagogia, filosofia e storia nelle scuole superiori. Contemporaneamente vinco il concorso per Direttore Didattico, con prima sede il Circolo di Casalvieri (FR), dove assumo servizio il I ottobre del 1976.
Nel 1977 ottengo il trasferimento nel Circolo di Genzano di Roma e vi presto servizio per dieci anni con intenso lavoro.
L’intento era  promuovere la scuola come ricerca e laboratorio per una didattica attiva.
Anticipando l’autonomia, si realizzarono iniziative ed esperimenti innovativi, per valorizzare le tradizioni e la cultura locale:
  • Anno internazionale del Bambino 1978-79;
  • Introduzione nei programmi e partecipazione annuale alla famosa Infiorata di Genzano di Roma;
  • Giochi della gioventù;
  • Educazione motoria con consulenza attiva dei Professori della scuola media;
  • Nuoto in funzione anche di integrazione dei soggetti portatori di handicap;
  • Laboratori di musica, di scienza e di lingua inglese;  
  • Gemellaggi e visite all’estero;
  • Ricerca psicopedagogica sul bullismo con  il Prof. V.Caprara dell’Università La Sapienza;
  • Avviamento degli alunni alla produzione poetica con l’emerito Prof. K. Koch della Columbia University, i cui risultati sono editi dalla Emme Edizioni di Milano.


ISPETTORE TECNICO MINISTERO PUBBLICA ISTRUZIONE
Nel 1986 partecipo al concorso di Ispettore tecnico del MIUR.
Risulto vincitore e assumo servizio il 18 settembre 1987 presso il Provveditorato agli Studi di L’Aquila e poi presso la Soprintendenza, fino al 30 settembre del 1993.
Dal primo ottobre dell’anno 1993 presto servizio per undici anni presso la Soprintendenza del Lazio.

Anche in questa veste svolgo una intensa attività professionale, ricoprendo numerosi incarichi:
  • Membro della Commissione Nazionale per il monitoraggio del Nuovo Ordinamento della scuola elementare; Legge 148/90, conosciuta come legge della scuola + o dei moduli: più tempo scuola, più docenti, più apprendimento.
  • Coordinatore regionale degli Ispettori Tecnici del settore scuole elementari d’Abruzzo;
  • Coordinatore del Gruppo di Lavoro interistituzionale provinciale a L’Aquila per l’integrazione dei soggetti portatori di handicap;
  • Membro del Comitato tecnico scientifico dell’IRRSAE di L’Aquila, per cui ho prestato attività di collaborazione e docenza;
  • Rappresentante ministeriale per gli esami attitudinali e di Diploma dei Corsi Biennali di specializzazione;
  • Docente e Direttore dei corsi biennali di specializzazione per la formazione dei docenti di sostegno, in collaborazione con l’Università Tor Vergata;
  • Coordinatore del Gruppo provinciale del Provveditorato agli studi di Frosinone per l’insegnamento della Lingua straniera nelle scuole elementari;
  • Membro di Commissioni di studio e di lavoro dell’IRRSAE del Lazio, per progetti di formazione in sevizio dei Direttori Didattici e dei Docenti;
  • Componente dei Nuclei di supporto tecnico-amministrativo dei Provveditorati agli Studi di Roma e di Frosinone, per la promozione e il monitoraggio dell’Autonomia delle scuole.
  • Promotore della formazione universitaria dei Docenti in servizio della scuola dell’infanzia e primaria del Lazio, per il conseguimento della Laurea, in collaborazione con la III Università di Roma,  
  • Coordinatore Regionale del Gruppo Ispettori della scuola primaria

Scritti di Domenico Gilio sulle tematiche sopracitate sono pubblicati su riviste specializzate.


Domenico Gilio - Direttore Didattico 1978 - 79
Domenico Gilio - Recital ad Acerenza nel 2018
I fratelli Gilio (da sinistra): Domenico, Tonino e Angelo


Dino Salese (Pescara, agosto 2020)

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