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Bianca Zucchini
Per tutti noi semplicemente "Donna Bianca  -  La Signorina"




    • Donna Bianca  -  La Signorina

Di “Donna Bianca”, o della “Signorina Bianca”, che molti di noi ancora ricordano bene, si è scritto e parlato in occasione della intitolazione di una strada a lei dedicata e nel libro di Don Anselmo Saluzzi e Antonio Famularo “La casa di riposo per gli anziani del lavoro di Acerenza”.





    • Donna Bianca nel bellissimo racconto della nipote Sig.ra Mara Marabini

Donna Bianca ha “segnato” la vita di moltissimi di noi, aiutandoci a nascere in casa, nei suoi lunghissimi trentotto anni di professione, in qualità di Ostetrica condotta di Acerenza.

Ma in questa pagina, che ACERENZADIFFUSA le vuole dedicare, con grande piacere condivido la ricostruzione di una breve biografia di Bianca Zucchini che la nipote Sig.ra Mara Marabini, che vive a Casalecchio di Reno BO, mi ha inviato.

Queste le sue parole:

“Donna Bianca, come veniva chiamata ad Acerenza, giovane ostetrica della Clinica Universitaria di ginecologia dell’Ospedale S. Orsola di Bologna, dove viveva, fu consigliata dal suo professore di allargare le sue conoscenze professionali al di fuori dell’ambiente ospedaliero.

In quel periodo si rese vacante il posto di ostetrica condotta ad Acerenza e lei partecipò al bando e lo vinse.
Si preparò, quindi, a partire per quel paese, di cui non conosceva niente e nessuno.

La situazione doveva essere provvisoria e, invece, la zia è rimasta ad Acerenza oltre cinquant’anni.

La decisione di partire fu contrastata dalla sua famiglia, vista la lontananza e per l’ambiente molto diverso a quello in cui lei era abituata a vivere, ma la zia aveva un carattere forte e aveva deciso di mettersi alla prova ed accettare l’incarico e così, appena ventiduenne, nel 1932, partì per Acerenza.

Mi raccontavano le anziane, che al suo arrivo destò un certo clamore, perché aveva un vestito bianco con dei papaveri rossi, il cappello e le unghie “pittate”.

I primi tempi furono difficili per lei, ma aveva deciso che ce l’avrebbe fatta e, grazie alle sue capacità e al suo grande cuore, riuscì a farsi amare da tutti gli Acheruntini e a diventare lei stessa un’Acheruntina.

Nel periodo di ambientamento, le furono vicine due persone in particolare, Comar Giovannuzza, che l’aiutava nella sua professione facendole da assistente e Angelina Orlando, che le aveva affittato una stanza, sistemazione provvisoria per i suoi primi giorni, ma che poi diventò la sua casa per tutto il periodo in cui rimase ad Acerenza. Zia Angelina, come la chiamavamo noi, fece da mamma alla zia Bianca, anche perché la sua era scomparsa prematuramente nel 1938.

Ricordo che nelle sue visite a Bologna, la zia ci raccontava della vita che facevano le donne ad Acerenza, che crescevano spesso da sole i loro figli, perché i mariti erano lontani per lavoro, per la maggior parte all’estero e tornavano solo durante le ferie, per garantire alle loro famiglie una vita migliore.
La zia le chiamava le “vedove bianche” e raccontò le loro storie anche in un programma televisivo degli anni ’70, che parlava della vita delle donne del sud, in una puntata dedicata proprio ad Acerenza.

Durante la sua permanenza ad Acerenza, per la zia fu molto importante il suo lavoro, ma si dedicò con passione anche alla costruzione di una casa di riposo, che potesse ospitare nel migliore dei modi i “suoi vecchietti”.

Assieme al Commendator Pasquale D’Alessio e a tutta la comunità acheruntina, riuscì a realizzare questo progetto e io ricordo, come fosse oggi, la sua gioia, quando finalmente fu posata la prima pietra ai piani, dove poi è sorta la casa di riposo, alla presenza delle autorità e di Monsignor Vincenzo Cavalla, che diede la sua benedizione.
Quando la casa di riposo fu completata, aiutò il trasloco dei vecchietti dalla struttura ormai vetusta, che si trovava in paese e incaricò la sua famiglia a Bologna di far costruire la corona con dodici stelle, che doveva ornare il capo della statua della Madonna all’ingresso.

Per la zia era davvero importante che queste persone anziane potessero condurre una vita più decorosa, con tutto ciò che potesse servir loro e, per il tempo che rimase ad Acerenza, contribuì in prima persona alla gestione della struttura. Tutto questo è stato raccontato nel migliore dei modi da Don Anselmo Saluzzi e da Antonio Famularo in un bellissimo volume che poi Don Anselmo ha voluto farci pervenire a Bologna.

Un’altra cosa a cui la zia Bianca dedicò grande impegno, fu far rivivere la chiesetta di Pompei. In occasione di una sua visita a Bologna, si fece accompagnare a Faenza, per ordinare le stazioni della Via Crucis, che furono poi collocate nel parco adiacente la chiesetta.

Nel 1978 rientrò a Bologna, ma nel suo cuore rimasero sempre Acerenza e gli Acheruntini, anche perché, nonostante la presenza della sua famiglia, non riuscì a reinserirsi nel tessuto sociale della sua città d’origine, che nell’arco del tempo era molto cambiato.

La sua vita si spense nel 1988 all’Ospedale Maggiore di Bologna, dopo alcuni anni di forti sofferenze. Come da lei desiderato fu sepolta con il saio francescano, in quanto molti anni prima si era consacrata all’Ordine delle Terziarie francescane, prendendo i voti da laica.”



    • Il racconto del soggiorno ad Acerenza della Sig.ra Mara Marabini nel 1962

La Sig.ra Mara Marabini è una delle nipoti di Donna Bianca.
Ha trascorso tante vacanze estive ad Acerenza e un lungo soggiorno, dal dicembre 1961 a maggio 1962.

Ho chiesto alla Sig.ra Mara di raccontare e condividere con tutti noi i ricordi di quel lungo soggiorno ad Acerenza a casa della Zia Bianca.

Queste le sue parole:

“Di quel periodo in particolare ho un ricordo bellissimo, anche perché vidi con i miei occhi l’affetto che gli Acheruntini avevano nei confronti della Zia, a cui io ero molto affezionata.

Trascorrevo le giornate insieme alla mia amica Pina Tiri, andando a ricamare dalle suore, o facendo lunghe passeggiate, spesso verso la fontana di San Marco.

Alla sera mi piaceva molto lo “struscio” per il Corso, durante il quale osservavo come era diversa la vita delle ragazze, rispetto a quella che facevo io a Bologna.

Qui i ragazzi e le ragazze non potevano passeggiare insieme, ma solo guardarsi e sorridersi, quando si incrociavano.
Ricordo che per me era alquanto insolito anche che i fidanzati non potessero camminare insieme, ma che dovessero essere accompagnati da una terza persona.

Il forte sentimento che gli Acheruntini provavano nei confronti della Zia era riversato anche nei miei confronti, venivo trattata con affetto e con gran rispetto da tutti.
Ricordo che un’amica della Zia, Donna Livia, che sapeva quanto mi piacesse la focaccia rossa, ogni volta che la preparava, la portava anche a me.

Accompagnavo spesso la Zia alla casa di riposo, dove lei si recava tutti i giorni per aiutare il personale nel suo lavoro.
Era bello constatare la gioia dei vecchietti, quando vedevano la Zia entrare nella struttura, le si facevano tutti intorno, per ricevere un saluto, o una buona parola, o per raccontarle i loro problemi, perché sapevano che lei li avrebbe aiutati.

Ebbi occasione di assistere a un funerale e anche quello fu diverso da quelli a cui avevo partecipato fino ad allora.
In particolare, mi colpì quello che vidi quando mi recai a fare le condoglianze alla famiglia, le persone che erano sedute intorno al defunto, ad ascoltare le donne, che raccontavano la sua vita.

Quell’anno ci fu verso la fine di febbraio e l’inizio di marzo una nevicata fortissima, che isolò il paese per qualche giorno e alcuni vicoli rimasero inagibili per il muro di neve che si era formato.
Ricordo che per portare un ammalato all’ospedale di Potenza, fu necessario far intervenire un elicottero, che atterò ai piani, nel campo sportivo, dove si era riversato tutto o quasi il paese.
Naturalmente io e la mia amica Pina eravamo in prima fila!

Su richiesta di Don Canio Forenza, io e Pina ci cimentammo nell’insegnamento del catechismo ai ragazzi e alle ragazze, che nel 1962 ricevettero la Prima Comunione e per me fu una bellissima esperienza.

Sempre in quell’anno accaddero altri due eventi in cui fu coinvolto l’intero paese.

Il primo fu il ritorno in famiglia di Padre Grillo, che rientrava ad Acerenza dalla Guinea portoghese, per un periodo di riposo.
Per lui erano stati anni difficili, perché per aver preso le difese del popolo locale fu incarcerato dalle autorità, in Portogallo.
Trascorse in paese alcuni mesi e poi ripartì per la sua missione e io sono molto orgogliosa di aver avuto l’opportunità di conoscerlo.

Il secondo evento fu l’insediamento di Monsignor Corrado Ursi, che su un cavallo, in mezzo a due ali di folla, dai piani arrivò alla Cattedrale, per celebrare la sua prima Messa solenne.
A riceverlo, oltre agli Acheruntini comuni, c’erano tutte le autorità civili ed ecclesiastiche e tutte le associazioni cattoliche.

Alla fine, io rientrai a Bologna, dopo aver assistito alla festa del Patrono di Acerenza, San Canio.

Negli anni successivi sono tornata alcune volte ad Acerenza, per far conoscere a mio marito e a mia figlia i luoghi e le persone, che avevano avuto una parte così importante nella vita della zia Bianca.”







Dino Salese (Pescara, luglio  2022)


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