Acerenza diffusa in Italia e nel Mondo

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Da Acerenzadiffusa in Italia e nel Mondo
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Giuseppe Turlione
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Nei mesi scorsi l’amico Nicolino Venosa di Acerenza mi ha fatto dono di alcuni numeri della rivista “Il Nibbio”, periodico dell’Associazione Culturale Acheruntia, oggi non più pubblicato.

Sfogliando uno dei numeri del 2007 mi soffermo su un articolo scritto da Giuseppe Turlione, un acheruntino emigrato, dal titolo: “Acerenza è ancora giovane”. Lo leggo con curiosità. Ma dopo le prime parole il mio stato d’animo cambia repentinamente e profondamente!

“Acerenza vista da un “quasi turista”,
da un nipote di ormai più nessuno,
da un figlio di un lontano emigrante …..”


Questo l’inizio del lungo scritto di Giuseppe Turlione, uno atto d’amore per la sua / nostra Acerenza, per quello che Essa ha saputo donarci a piene mani, ad infondere in ognuno di noi, a nostra insaputa, piccoli e inadeguati ambasciatori di questo antico borgo, senza mai chiederci nulla in cambio!
Chiedo ad ognuno di voi di leggere fino in fondo il lungo scritto di Giuseppe Turlione “Acerenza è ancora giovane”, scritto che trovate di seguito.
Spero che ognuno di voi possa emozionarsi come è accaduto a me … e non solo a me !!!

Non conosco Giuseppe Turlione e chiedo un aiuto per rintracciarlo, in modo da poterlo conoscere e ringraziare !

Ma con lui vorrei anche scusarmi, per la libera trascrizione del suo testo che ho voluto rendere più in forma di "poesia", perché questo mi ha ispirato il contenuto dell’articolo, il ritmo della costruzione del testo, le forti emozioni che le sue parole hanno generato in me, lettore catturato da quelle atmosfere già vissute.

La nostra Acerenza, che sempre e continuamente ci stupisce.

Grazie Giuseppe !!




    • "Acerenza è ancora giovane” di Giuseppe Turlione - Pubblicato su “Il Nibbio” 11/2007


Acerenza vista da un “quasi turista”,
da un nipote di ormai più nessuno,
da un figlio di un lontano emigrante,
si presenta ogni anno con sguardo diverso,
in grado di rappresentare l’animo più profondo
che silenziosamente accompagna il passo di ogni uomo,
me compreso.

I paesaggi sono quello che ai nostri occhi il nostro cuore detta;
cambiano colori e profili
al cambiare del nostro sentimento.

Sormonta le colline,
domina dall’alto con tanta silenziosa umiltà
Acerenza;

a tratti dimenticata,
non lascia che nessuno scivoli fuori dalla sua memoria,
e conserva i volti,
gli accenti,
il vento
e il sole di ogni agosto.

Affacciato a questo parapetto,
nel silenzio delle luci dei paesi lontani,
con alle spalle questo monumento,
puoi raccontare all’orizzonte i segreti di un anno,
le speranze per questo presente
e i desideri per il tuo futuro,
nella convinzione che l’anno prossimo
sarai ancora qui a pensare panorami sempre diversi.

Accoglie forestieri come figli lontani
Acerenza,
sussurra loro ricordi mentre
al tramonto
ci racconta ogni sera storie diverse;

profumo di pesca nel vino,
di pane caldo,
di festa di paese,
di balli allegri e spensierati,

di storie antiche e misteriosi miti,
come misteriosi e antichi sono ancora i mille vicoletti,
sempre uguali
e sempre diversi
dall’alba
al tramonto,
di ogni giorno
come di ogni estate.

Acerenza che vive di storia,
aggrappata alla sua,
popolata di automobili che sferragliano rumorose
fra le tante case ormai abbandonate.

I portoni spalancati per la calura diurna
e la coperta al letto per la brezza notturna,
le colline in oro
e il ruotare lontano di energia eolica,
i giochi a carte di nonni i cui nipoti
forse
quest’anno non scenderanno.

La vita che tramonta
per risplendere nuova e migliore chissà dove,
e ancora i paesaggi che cambiano,
le stagioni che si alternano e,
come nella vita,
passata l’estate arriva l’autunno
e poi l’inverno,
e ad Acerenza
il caldo estivo lascia spazio alle foglie secche
e alla neve che cade a coprire tutto
come se nulla fosse.

Silenzioso tutto nasce,
vive,
si consuma
e muore
con estrema semplicità,
nell’attesa che arrivi il prossimo agosto
per tornare a fare brillare gli occhi ai paesaggi lontani
che solo da qui si possono vedere.

Si lasciano ancora i trattori
per cercare fortuna altrove,
purtroppo.

Ecco Acerenza,
terra sempre più solitaria di dura contraddizione,
di amore e noia,
di passato e di risicato presente,
di storie vecchie e povere
che si lasciano consumare dalla ruggine di una panchina,

e storie nuove,
con quello stesso accento,
con quello stesso fuoco negli occhi
che guarderanno, però, paesaggi sempre diversi,
lontani,
quasi sempre più freddi,
alla pelle come all’animo.

Un futuro pieno di speranze,
vuoto di persone,
ricco di scale
e povero di scarpe,
colmo di sogni senza occhi a sufficienza
per un Meridione tanto maltrattato.

Ecco anche quest’anno Acerenza,
dove le salite sembrano essere più delle discese,
dove sono pochi a credere ancora in questo Sud,
a voler dare respiro alle tradizioni,
a voler fare vedere che anche queste mura possono risplendere,
forse anche più di prima.

Sembra che si parta da qui per non farci mai più ritorno
se non come nuovo villeggiante,
in visita veloce da parenti e amici,
convinti che di futuro
da queste parti
non se ne possa parlare,
convinti che ci sia un Nord
di un valore sempre maggiore,
che non ci si possa inventare nulla di buono
e che tutto quello che si poteva fare
per questo malato terminale
sia stato già provato.

Acerenza senza cura,
in grado di offrire solo qualche chiacchiera sincera
ed un bicchiere di buon vino,
costretta ad assistere alla propria lenta caduta
e guardare lontano alla ricerca di un colpevole,
di un motivo che spieghi tanto profondo smarrimento.
Forse.

Ma il tempo e le forze
sono dalla parte di coloro che credono nelle proprie origini,
nei racconti dei propri nonni,
nei ricordi della propria infanzia

ed ogni anno,
in qualche modo,
fanno sì che Acerenza risplenda
sempre e comunque
di luce nuova,
di una luce sempre viva,
sempre estiva,
di una vita sempre ricca
di importanti propositi
e ricchi desideri.

E per tutti quelli che non vi faranno mai ritorno,
ci sono solo coloro che decidono di rimanere,
di partire per poi tornare,
lottare,
e fare di questo borgo un futuro,
per crescervi amori e figli,
per cercare qui,
sotto la supremazia della Cattedrale,
la propria giusta dimensione,
individuale e collettiva,
nel progetto più ampio di costruire ogni giorno qualcosa di più,
che sia un concorso di fotografia,
una nottata in bianco
o il volontariato della croce rossa.

È vero, questo Sud è pieno di contraddizioni,
di problematiche e di ingiustizie,
ed ingiusto sarebbe non renderne atto,

ma di una gioventù tanto attiva,
tanto orgogliosa
e tanto pronta a ridare acqua alle proprie radici
credo di non averne mai vista
e sono convinto sia la più corretta continuazione
per dare ad Acerenza
un futuro degno dei migliori ricordi.

Io, ormai solo un “quasi turista”,
giungo da lontano a guardare questi paesaggi
e mi accorgo che gli orizzonti
sono negli occhi delle persone che mi stanno vicino

e che sono loro la migliore prosecuzione
alle vecchie panchine piene di anziane risate.
Anche quelle di mio nonno.

Più mi guardo attorno
e più mi rendo conto di come difficilmente
di questo Sud
si parli anche della bella voglia di fare,
e di non scappare,
di restare
e di non fermarsi
ma continuare,
andare avanti,
cercare per trovare soluzioni sempre migliori,
quelle che le menti più giovani sono in grado di mettere a disposizione
per tenere viva in noi la bellezza di ciò che siamo stati,
di ciò che non siamo più
ma che vorremmo tornare ad essere.

Ciò che dovrebbe muovere
è sempre il pericolo di un rimpianto per ciò che non si è fatto,
per ciò che potrebbe andare perduto,
morto sotto i nostri stessi occhi,
e fare in modo che anche l’inverno sia solo una parentesi normale
fino alla prossima estate.

E gli orizzonti che percorrono le vie del centro storico,
come le vie della banca,
del tabaccaio,
del convento
sono la conferma che
Acerenza ha ancora una giovinezza da vivere,
la nostra,
la vostra,
quella di tutte le persone che vogliono ancora dimostrare
che discese e risalite,
anche qui,
sono sempre in ugual numero.



Dino Salese  (Pescara, dicembre 2017)

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